di Cristina Corbò

“Il Cactus, per raccontare con delicatezza il dramma dell’abuso”

Nell’affascinante sezione dedicata all’universo femminile di Federica Scoppa ritroviamo un linguaggio figurativo fortemente emozionale. Tema centrale e filo conduttore delle opere la donna, la sua vulnerabilità e la sua endogena anima resiliente. Per poter avvicinare lo spettatore ad un tema così complesso senza scendere nello specifico della violenza dei fatti di cronaca che l’hanno ispirata, Scoppa traduce il senso profondo del suo pensiero sotto forma di cactus. Come ben noto questa particolare pianta impedisce il contatto ed il possesso per via delle sue molteplici e acuminate spine che la rivestono e che soprattutto proteggono il cuore centrale succulente e vulnerabile. In Frida Kahlo la natura coronava i suoi deliri onirici con grazia e ragione. Le piante grasse tipiche dei paesaggi messicani in cui è cresciuta, possono essere infatti lette come metafora di nostalgia e di senso di appartenenza ad una tradizione familiare e culturale. Se si vuole poi cercare un’interpretazione psicanalitica, rappresentano forse proprio quella sua femminilità così fragile, spezzata, per certi versi, come il suo corpo e forte nello spirito. Scoppa, per richiamare l’attenzione sul senso di vulnerabilità della donna, utilizza nel medesimo modo la forma del cactus arricchendo però l’opera con una sottile ma essenziale silhouette femminile posta proprio al centro della pianta, rannicchiata, curva su sé stessa come in posa fetale. La donna, dal cuore succulente come il cactus, si difende dietro una corazza di parole, gesti, forme e oggetti che la possano mantenere al sicuro dal male esterno. Una pittura forte nata dall’intento ben preciso di raccontare con delicatezza il dramma dell’abuso. Una scelta, quella del cactus, da ricondurre anche ad un repertorio di soggetti adottato da Giorgio Morandi, altro artista caro alla pittrice. Un quadro che lo cita fedelmente evidenza la grande abilità di Scoppa di saper padroneggiare sapientemente la tecnica e la materia cromatica allo scopo di raggiungere la medesima suggestione retinica. Nell’insieme la sezione si presenta apparentemente come un gruppo di bizzarre e monotematiche nature morte, ma guardando nel profondo, seguendo con pazienza e impegno ogni singolo movimento di pennello che le è servito per realizzare la corona di spine di queste complesse piante, lo spettatore si ritrova incastrato ed incantato dal racconto dell’artista. Una pittura dai colori vividi, dalla stesura piatta senza materie o pigmenti che la rendano più corposa e soprattutto elegantemente drammatica.

di Cristiana Scoppa

“Cactus. L’essenza del femminile

C’è una bellezza sorprendente nelle piante succulente, ché questa è la specie botanica a cui appartengono i cactus.

 

L’enfasi, nella classificazione botanica, non è sulle spine, che pure sono al contatto umano l’aspetto più evidente, monito perentorio a usare precauzione nel maneggiarle, pena pungerci. L’enfasi è su quella pienezza di liquido, sulla intrinseca capacità di accumulare riserve (idriche) da spendersi per resistere nelle avversità (climatiche), sulla straordinaria capacità di rigenerarsi, proprio grazie a quella consistenza densa e attraente del corpo della pianta.

 

Non è un caso dunque che proprio queste piante – delle tante metafore fiorite con cui da sempre letteratura, poesia e arti visive si sono relazionate con le donne – siano state scelte da Federica Scoppa per costruire una riflessione sul femminile. Sul femminile a partire dal corpo. Quel corpo resistente e resiliente con cui ogni donna si cimenta nel suo destino biologico – gravidanza, parto – e culturale – una condizione di storica discriminazione da cui le donne stanno continuando a liberarsi, spesso pagando prezzi molto alti o addirittura perdendo la vita nell’affermazione della propria autonomia – che si fa corpo di cactus è la metafora più densa per dire il femminile.

 

E dunque Federica Scoppa crea forme solide e piatte di colore, possenti anche quando minute, e spinose. Perché anche se i corpi (dei cactus e delle donne) sono forti e resistenti – contrariamente alla tanta retorica patriarcale sulla fragilità e debolezza femminile – sono corpi che devono essere maneggiati con cura. Perché quelle spine sono il condensato dei patimenti, sacrifici, compromessi che le donne fanno nel corso della vita per trovare il loro posto appieno nella società. Quelle spine sono le ferite – visibili e invisibili – che l’anima incarnata ha dovuto rimarginare. Sono la storia delle donne. Sono la creazione delle donne, cuore pulsante di vita liquida, proprio come nelle succulente di Federica Scoppa.

CONTATTO

Tel: 329 803 3490

ORARIO D’APERTURA

Lunedì – Venerdì: 8:30 – 18:00

SCRIVIMI