Cristina Corbò
L’anima nell’inanimato
Il rapporto di Federica Scoppa con le proprie opere si fonda su una necessaria ricerca di intimità con la tecnica. All’atto della creazione l’artista imposta un dialogo privato, un linguaggio in codice, conosciuto soltanto da lei e dalla materia che sta per lavorare. Quel dialogo è un momento prezioso, all’improvviso nasce dal vuoto e dal silenzio una stanza invisibile, uno spazio familiare dove lei e l’opera che sta per nascere possono iniziare a un raccontarsi a vicenda, scoprendosi nel qui-e-ora come in una danza che parte lenta per poi sfociare in un ritmo alienante e travolgente e nella quale l’artista si lascia andare fino a perdersi al ritmo interiore della propria creatività. Il tipo di tecnica della pittura a smalto su vetro la mette di fronte all’impotenza di non poter prevedere o controllare l’esito dell’opera. Il vetro si colora e prende forma in modo completamente inaspettato ed è forse proprio questo il cuore del lavoro di Federica Scoppa. Ciascun pezzo nasce dall’istinto e dalla fiducia che l’artista ripone in sé stessa e nel proprio lavoro, che la porta ad abbandonarsi all’opera senza esserne travolta, restando in quella danza tormentata quel tanto che serve, fino a che non sente di aver esaurito ogni bisogno di espressione. Sulle note di una musica interiore, le sue mani imparano così a seguire e a fidarsi del movimento inaspettato dello smalto e non si fermano fino a che entrambi non hanno completato ogni coreografia. Ogni opera dà forma a un legame diverso e a una danza diversa. Ciascun vetro è un mondo fatto di tante particolarità e specificità che lo rendono unico, ma nella sua individualità è stato pensato come parte di un insieme più grande, di un universo di molti e molti altri mondi tutti collegati, tutti uguali nella loro diversità. È per questo motivo che l’artista ha deciso di non intitolare le opere secondo una sequenza ordinata numerica ma con un codice di quattro lettere generato in modo casuale da un algoritmo. Anche qui l’imprevedibilità diventa un punto di forza per Federica che decide di non applicare alcun tipo di controllo e lasciare all’opera anche nella sua definizione totale libertà. L’artista agisce come tramite tra la materia e l’anima, canalizzando l’energia creativa ed infondendo quel soffio vitale che rende ogni opera una storia.