Elisabetta La Rosa
Federica Scoppa: L’incanto del vetro
È Venezia la città che fa innamorare Federica Scoppa del vetro, l’artista afferma di “sentirsi veneziana” e parla di Venezia come una città meravigliosa e affascinante soprattutto per la sua storia artistica.
Alcune fonti archeologiche sostengono – visti i ritrovamenti pervenuti dagli scavi nell’isola di Murano e di Torcello – che l’arte del vetro era già presente nella città veneta nel VII secolo a.C., forse a causa del trasferimento in laguna delle popolazioni venete provenienti dalla costiera di Adria dove avevano sviluppato la tecnica della lavorazione del vetro.
Altra fonte d’ispirazione per Scoppa è l’artista tedesco Gerhard Richter. Nel 2015, in occasione della stesura della sua tesi di laurea, Scoppa inizia a studiare la finestra della cattedrale di Colonia realizzata da Richter per il transetto sud. L’opera si compone da 11.500 tasselli di vetro di 72 colori e fu inaugurata nel 2007. Alcuni dei tasselli colorati sono stati disposti in maniera casuale, mentre altri sono stati scelti in base al contesto architettonico.
L’artista nell’osservare questo tripudio di colori ne resta “ammaliata”. Non avendo appreso le tecniche della lavorazione del vetro, Scoppa cerca una soluzione alternativa che le consente di ottenere un effetto cromatico simile attraverso la pittura, utilizzando il vetro come supporto e smalti che si adattano alla superficie vitrea, che l’artista prepara previa sgrassatura con petrolio.
Con la trasparenza delle vetrate l’artista vuole invitare l’osservatore a “guardare attraverso”, mediante il colore. Scoppa altera la visione di ciò che c’è oltre la vetrata inducendo lo spettatore a una libera interpretazione di ciò che vede cercando quella “tridimensionalità dell’Io” che solo l’arte sa donare. Guardare attraverso il vetro vuol dire guardare oltre la dimensione materiale alla ricerca di quella dimensione meta-fisica proposta con l’avvento delle cattedrali gotiche, con il connubio fra verticalità e spiritualità della vetrata che richiama il “filo sottile” che collega l’essere umano a Dio.
Il colore si addensa sui vetri che l’artista, riprendendo i canoni dell’astrattismo, realizza come manifestazione del suo Io. Nelle vetrate di Federica Scoppa rintracciamo la sua essenza, il messaggio che vuol donare all’osservatore. Emerge la sua personale visione della vita, l’amore per Venezia, lo sguardo rivolto verso quei suoi Maestri a cui l’artista guarda cercando quel sentiero nell’anima che conduce alla dimensione spirituale dove arte, natura, costruzione umana si fondono generando la vita.
Quella stessa vita che l’artista plasma sul vetro, dove i colori sono i polmoni delle opere di Federica Scoppa, la luce è l’ossigeno, il nutrimento dell’anima che ci consente di superare i limiti imposti dalla mente umana cogliendo la dimensione dell’Oltre. Sono le sue mani a generare quest’esplosione di vita che evoca un passato che si fa presente e guarda al futuro attraverso l’occhio dell’artista.
Un’esplosione di colore che vive per mezzo della luce che Scoppa utilizza secondo la sua vocazione: assemblando la valenza gotica, l’amore per la sua bella Venezia, lo stupore emerso davanti alla vetrata di Richter nella cattedrale di Colonia e rielaborandone le suggestioni sul vetro così da spaziare in uno spettacolare viaggio onirico.
L’arte di Federica Scoppa è libera, è un viaggio fluido nella memoria del tempo che rivela la dimensione e la profondità delle cose. Alla base della costruzione artistica vi è una conoscenza che si edifica mediante l’attrattiva. Non con la costrizione del ragionamento o con la legge scientifica, ma dando vita a una corrispondenza profonda fra la nostra intima sostanza, il nostro sentire, le nostre aspettative, e ciò che si palesa davanti ai nostri occhi nell’atto artistico.
Emerge dal pensiero artistico di Scoppa la voglia di servirsi dell’arte come riconsegna della verità, qualunque essa sia, assecondando la libera interpretazione dello spettatore protagonista attivo nelle sue opere.