di Cristina Corbò

“Il volto dell’ombra”

“Parlare di pittura non solo è difficile ma forse non ha neanche senso. Si può solo esprimere a parole ciò che le parole sono in grado di dire, ciò che il linguaggio è capace di comunicare. La pittura non ha niente a che vedere con questo.” Gerard Richter1

La sezione celebra la perdita quasi completa dell’oggettività realistica, addentrandosi in paesaggi in cui il legame tra colore ed emozione è l’unico protagonista. L’affascino coloristico e plastico delle tele di Federica Scoppa – nelle quali ora prevale il nero, colore immersivo, ora il blu più tenue, ora i verdi, i rossi e i gialli più esplosivi – è sempre emozionale. Lo spettatore legge i sentimenti dell’artista nella stessa misura con cui si interroga sui propri, aprendo quindi le porte a nuove ed infinite possibilità di interpretazione del linguaggio dell’arte figurativa.

Il vigoroso abbraccio tra materia cromatica e tela è talmente potente da scatenare contemporaneamente l’attività percettiva di tutti i sensi. Si possono assaporare i colori, sentirne il vociare, ora più rumoroso ora più soffuso, quasi toccare la ruvidezza della tela data dalla mistura della materia cromatica con elementi rinforzanti, e odorarne l’asprezza e la delicatezza.

Nelle opere di Scoppa è inevitabile ritrovare risonanze con l’astrattismo di Gerard Richter, dalla lettura a strati del visibile all’elaborazione di una realtà artistica in cui la forma cede il passo alla materia. La sequenza dei quadri sembra raccogliere fotogrammi di una stessa realtà ma impressionata sulla tela da diverse angolazioni tra loro complementari. La vita che anima i suoi quadri grida dalla sua bidimensionalità e cerca di trasformarsi in energia tangibile.

L’ombra, immateriale ed inafferrabile per definizione, si mostra in tutte le sue sfumature più bizzarre. Non rappresenta solo la dimensione meno corporea dell’uomo ma anche e forse soprattutto la sua natura più interiore. L’artista offre infatti prospettive nuove da cui guardare il mondo e l’universo circostante, dove non esiste un sopra o un sotto, un verso giusto o sbagliato, ma come astronauti nel buio più silenzioso dello spazio ci mettiamo ad ascoltare e ammirare gli infiniti strati dell’invisibile che ci vengono offerti. Attraverso il filtro percettivo della pittrice si aprono le porte a panorami vasti e privi di figure in cui è il colore a dare forma, solidità e personalità al quadro.

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